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Attaccamento e Trauma: Le nuove frontiere della ricerca e della pratica clinica

                 

EVENTO DAL VIVO
a cura di Suzette A. Boon, Mary Jo Barrett, Diana Fosha, Roger Solomon, Vincenzo Caretti, Elizabeth Warner, Jonathan Baylin, Skip Rizzo, Alessandro Carmelita, Marina Cirio, Ronald D. Siegel, Christiane Sanderson, Deb Dana

Negli ultimi decenni, la crescente sinergia tra metodi di ricerca sempre più innovativi – sviluppati grazie alle scoperte neuroscientifiche – e rispettive applicazioni cliniche ha contribuito significativamente alla realizzazione di importanti progressi nell’ambito della Psicoterapia. Se, da un lato, la ricerca neuroscientifica è diventata sempre più sofisticata e precisa, consentendo agli Esperti di identificare nuove funzioni cerebrali e nuove interazioni tra aree diverse del nostro cervello, gli studi clinici, dall’altro lato, hanno esaminato sia i possibili campi di applicazione della ricerca che gli interventi terapeutici più efficaci per affrontare la psicopatologia e promuovere il benessere psicofisico dell’individuo.

Le conoscenze sempre più approfondite riguardo al trauma e ai suoi effetti non soltanto sul cervello, ma anche sui comportamenti, le emozioni, le cognizioni e le interazioni sociali dell’essere umano stanno ampliando notevolmente gli orizzonti sia in ambito di ricerca che in ambito clinico, evidenziando la necessità di concepire l’uomo come un tutt’uno, come il risultato della combinazione tra esperienze di vita, predisposizioni genetiche, temperamento, aspetti culturali ed educativi.

Oggi, gli interventi clinici focalizzati sul trauma hanno la possibilità di consolidare la propria efficacia in base alle più recenti scoperte in ambito neuroscientifico. Dalla trasmissione intergenerazionale degli eventi traumatici descritta dall’Epigenetica ai cambiamenti cerebrali indotti dagli interventi terapeutici riparativi, la correlazione tra studi clinici e di ricerca apre la strada a nuovi outcome di trattamento ancora inesplorati, incrementando le possibilità di guarigione dalla psicopatologia.

La nona edizione del celebre Congresso “Attaccamento e Trauma”, organizzato da Istituto di Scienze Cognitive, offrirà l’opportunità di integrare gli aspetti più innovativi degli studi di ricerca in ambito neuroscientifico agli interventi clinici più efficaci. Il Congresso punterà, inoltre, a favorire una comprensione più mirata di come il trauma può compromettere lo sviluppo sano non solo dell’individuo ma anche di intere comunità, e di come è possibile guarire le esperienze traumatiche in modo profondo e duraturo.

Dopo due anni segnati dalle difficoltà causate dalla pandemia, il Congresso “Attaccamento e Trauma” torna finalmente a Roma: sul palcoscenico del prestigioso Auditorium Antonianum, a pochi passi dal Colosseo, saliranno nuovamente Esperti di fama internazionale, pronti a offrire una panoramica completa e variegata sulla ricerca neuroscientifica e sulla pratica clinica nell’ambito del trattamento del trauma e dei disturbi dell’attaccamento.

Il Congresso sarà trasmesso anche in diretta streaming, consentendo la partecipazione online di tutti coloro che non potranno (o preferiranno evitare di) partecipare di persona. La videoregistrazione del Congresso sarà acquistabile sul sito di Istituto di Scienze Cognitive e accessibile senza limiti di tempo.

Oltre a essere un’importante opportunità di formazione, la nona edizione del Congresso “Attaccamento e Trauma” sarà un prezioso momento di incontro e di condivisione per tutti i professionisti della salute mentale che, stanchi di seguire corsi online, sentono la necessità di ritrovare i propri colleghi di persona e vivere un’esperienza formativa arricchente e coinvolgente.

Modalità: FAD
ECM: 36 ECM
Periodo: Da Venerdì 30 Settembre a Domenica 2 Ottobre 2022
Orario: dalle 09:30 alle 18:30
Lingua: Italiano (traduzione simultanea), Inglese
Video registrazione sempre disponibile
Costo: 200,00€

Programma del 30/09/2022
9.15-9.30 Apertura
9.30-11.00 Suzette Boon: “Autolesionismo e ideazione suicidaria nei pazienti con disturbi dissociativi complessi: attaccamento, vergogna e disregolazione”
11.00-11.15 Pausa
11.15-12.45 Mary Jo Barrett: “Il Modello del Cambiamento Collaborativo: un modello relazionale che sfrutta il naturale processo di cambiamento”
12:45-14:00 Pausa pranzo
14.00-15.30 Diana Fosha: “Rimani su questo, rimani con me: sciogliere la solitudine ed elaborare l’esperienza relazionale profonda in modo esperienziale per trasformare il trauma”
15.30-15.45 Pausa
15.45-17.15 Roger Solomon (online – intervento live su Zoom): “La desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari (EMDR) e l’attaccamento traumatico”
17.15-18.30 Panel conclusivo

Programma del 01/10/2022
9.30-11.00 Vincenzo Caretti: “La Psicoterapia della regolazione emotiva e psicosomatica”
11.00-11.15 Pausa
11.15-12.45 Elizabeth Warner: “La trasformazione del trauma nei bambini e negli adolescenti: un approccio incarnato alla regolazione somatica, all’elaborazione del trauma e alla costruzione dell’attaccamento”
12:45-14:00 Pausa pranzo
14.00-15.30 Jonathan Baylin: “Apprendimento relazionale inverso: un approccio neuroscientifico per aiutare i bambini più diffidenti a fidarsi delle figure accudenti”
15.30-15.45 Pausa
15.45-17.15 Skip Rizzo: “Realtà virtuale e nuovi progressi nell’ambito della prevenzione, dell’assessment e del trattamento del disturbo da stress post-traumatico”
17.15-18.30 Panel conclusivo

Programma del 02/10/2022
9.30-11.00 Alessandro Carmelita e/o Marina Cirio: “La Mindful Interbeing Mirror Therapy: oltre la guarigione dal trauma”
11.00-11.15 Pausa
11.15-12.45 Ron Siegel: “Mindfulness e compassione nel trattamento del trauma: adattare la pratica alla persona”
12:45-14:00 Pausa pranzo
14.00-15.30 Christiane Sanderson: “Adottare un approccio informato sul trauma nel lavoro con i sopravvissuti all’abuso sessuale infantile”
15.30-15.45 Pausa
15.45-17.15 Deb Dana (online – intervento live su Zoom): “Alla ricerca della connessione: un approccio terapeutico basato sulla Teoria Polivagale”
17.15-18.30 Panel conclusivo

Suzette A. Boon
Autolesionismo e ideazione suicidaria nei pazienti con disturbi dissociativi complessi: attaccamento, vergogna e disregolazione
I pazienti con disturbi dissociativi complessi trauma-correlati presentano solitamente numerosi sintomi, tra cui depressione e suicidalità, entrambi potenzialmente accompagnati da forme severe di autolesionismo. Tali sintomi costituiscono spesso il principale problema riferito dal paziente, mentre il disturbo dissociativo all’origine dei sintomi resta non identificato. Quando il terapeuta sente il bisogno di “salvare” il paziente, questa sintomatologia può mettere la relazione terapeutica enormemente sotto pressione. Questo intervento analizzerà le ragioni alla base del comportamento autolesionistico e suicidario in questa tipologia di pazienti, le dinamiche relative a transfert e controtransfert, illustrando inoltre diverse modalità per aiutare il paziente a porre fine a tali comportamenti. L’autolesionismo e la suicidalità potrebbero essere connessi a diversi fattori come la vergogna, l’abbandono, la disperazione, il desiderio di essere visti e compresi dagli altri, la paura di rendersi conto cosa è accaduto realmente in passato, e/o strategie finalizzate a gestire le emozioni intollerabili. Il trattamento include spesso l’utilizzo di antidepressivi, approcci somatici, nonché approcci cognitivo-comportamentali spesso utilizzati per analizzare e cambiare le relative cognizioni negative. Tuttavia, più è complessa la dissociazione della personalità, minore è il beneficio che questi pazienti possono trarre dall’utilizzo di queste tecniche, in quanto le emozioni e le cognizioni sono spesso “contenute” all’interno di diverse parti dissociate della personalità e vengono percepite come ego-distoniche. Saranno illustrati interventi specifici – soprattutto quelli che prevedono l’utilizzo di tecniche immaginative – finalizzati a rendere il trattamento della dissociazione parte integrante degli approcci terapeutici utilizzati abitualmente per trattare autolesionismo e suicidalità negli individui traumatizzati.

Mary Jo Barrett
Il Modello del Cambiamento Collaborativo: un modello relazionale che sfrutta il naturale processo di cambiamento
Non esistono due traumi identici: le dinamiche del trauma interpersonale e della violenza variano in base alla situazione specifica. Esistono, tuttavia, alcune variabili comuni. Uno degli elementi chiave del trauma dello sviluppo complesso è il fatto che il trauma avviene all’interno di una relazione che avrebbe dovuto essere caratterizzata da un legame di attaccamento sano e protettivo. Gli eventi traumatici portano l’individuo a vivere un’esperienza di tradimento all’interno della relazione di attaccamento. Questo provoca gran parte dei comportamenti di attacco/fuga, congelamento e resa dei nostri clienti, creando loro serie difficoltà. È stata proprio la necessità di far fronte a tali difficoltà ad aver spinto il mondo della Psicoterapia a ideare, negli ultimi anni, innumerevoli interventi e approcci di trattamento innovativi. Questa presentazione descriverà il Modello del Cambiamento Collaborativo (MCC), un modello contestuale, relazionale e pratico, suddiviso in tre livelli, che consente di attuare un piano di trattamento ciclico, basato sui punti di forza del cliente. L’MCC può essere applicato a qualsiasi modello di trattamento del trauma poiché sfrutta la natura universale e ricorrente del cambiamento. Saranno analizzati i cicli ripetitivi del trauma e sarà illustrato il quadro concettuale del Modello di Cambiamento Collaborativo, basato sull’utilizzo dei cicli di cambiamento all’interno di qualsiasi modalità di trattamento.

Diana Fosha
Rimani su questo, rimani con me: sciogliere la solitudine ed elaborare l’esperienza relazionale profonda in modo esperienziale per trasformare il trauma
La solitudine dinnanzi all’emozione travolgente è l’epicentro della sofferenza traumatica, è ciò che spinge i pazienti a cercare aiuto. “Sciogliere” la solitudine del paziente è fondamentale per aiutarlo a elaborare le emozioni travolgenti associate al trauma. La Psicoterapia Dinamico-Esperienziale Accelerata (AEDP) – uno degli approcci al trattamento del trauma da attaccamento maggiormente in crescita – ha messo a punto una serie di interventi creativi e sistematici per raggiungere esattamente questo obiettivo: sciogliere la solitudine del paziente e lavorare a livello diadico per guarirne la sofferenza emotiva. Diversamente dai modelli di trattamento basati sulla psicopatologia, la AEDP trae fondamento da una teoria trasformativa, basata sul cambiamento, dell’azione terapeutica. Un modello del processo trasformativo suddiviso in 4 stati e una fenomenologia trasformativa descrittiva e specifica per ogni stato guidano il processo decisionale momento-per-momento in ambito clinico. La metodologia della AEDP prevede inoltre che paziente e terapeuta siano coinvolti emotivamente, seguano attentamente l’emergere di nuove esperienze relazionali e trasformative e, al contempo, elaborino il trauma. L’AEDP ha un approccio coraggioso nei confronti del lavoro con l’esperienza relativa all’attaccamento paziente-terapeuta: quest’ultima viene monitorata momento per momento ed elaborata in modo rigoroso. Un elemento essenziale per la ristrutturazione delle esperienze relazionali è costituito dalle tecniche di meta-elaborazione (o metaprocessing) relazionale attraverso cui la AEDP elabora sistematicamente le esperienze relazionali all’interno della seduta. Quest’ultime vengono utilizzate per ampliare la capacità relazionale del paziente e rendere più profonda l’esperienza affettiva ricettiva del sentirsi al sicuro, visto, aiutato e cambiato. Utilizzando filmati tratti da sedute di psicoterapia reali, Diana Fosha dimostrerà come applicare la meta-elaborazione relazione alla pratica clinica con un paziente traumatizzato. Mostrerà, inoltre, come lavorare con l’esperienza relazionale durante la seduta, conducendo un lavoro tanto sistematico e profondo quanto quello realizzato con altre tipologie di esperienze emotive. L’obiettivo perseguito è quello di aiutare i pazienti a vivere – e focalizzarsi su – le esperienze affettive associate alla sensazione di essere visti, amati e accuditi, esperienze che emergono dal lavoro terapeutico. Elaborando l’esperienza relazionale e lavorando direttamente con le esperienze di attaccamento e di intersoggettività vissute dal paziente, il terapeuta AEDP promuove nuove esperienze emotive vissute in connessione, che modificano i modelli operativi interni e supportano l’emergere di un Sé vitale, animato e relazionalmente coinvolto. I risultati empirici emersi dagli studi sull’efficacia trans-diagnostica della AEDP – basati sui dati provenienti da oltre 75 diadi terapeutiche all’interno della rete di terapeuti e ricercatori AEDP presente in tutto il mondo (Prac­titioner-Researcher Network o PNR) – saranno presentati durante l’intervento.

Roger Solomon
La desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari (EMDR) e l’attaccamento traumatico (intervento online)
La terapia EMDR è un approccio terapeutico evidence-based per il trattamento del trauma. Secondo il modello di elaborazione adattiva dell’informazione, che guida l’approccio EMDR, i sintomi presentati dal cliente hanno origine da esperienze dolorose che vengono immagazzinate, in modo maladattivo, nel cervello, senza che siano state pienamente elaborate e integrate all’interno della rete più ampia della memoria (Shapiro, 1995, 2001, 2018). La terapia EMDR è un metodo suddiviso in otto fasi che implica l’elaborazione dei ricordi del passato all’origine dei problemi manifestati nel presente, nonché dei trigger che attivano il cliente nel presente; questo metodo implica, inoltre, la creazione di un modello futuro (o template) di comportamento adattivo. L’EMDR può essere utilizzata non soltanto per trattare i traumi più gravi, ma anche per trattare quei ricordi onnipresenti “apparentemente piccoli” ma piuttosto impattanti (per es. lo sguardo arrabbiato di una madre, la richiesta di aiuto ignorata da un padre). Questi ricordi sono alla base di svariate credenze negative: “non sono abbastanza”, “non merito di essere amato/a”, “sono impotente” o “non sono al sicuro” sono soltanto alcuni esempi. L’attaccamento disorganizzato ha luogo quando il caregiver è sia una fonte di sicurezza che di terrore; questa forma di attaccamento è all’origine del PTSD complesso e dei disturbi dissociativi (Brown and Elliot, 2018). Il trauma (l’abuso o la trascuratezza subìto/a) non è l’unico aspetto da trattare: anche l’attaccamento traumatico nei confronti della figura abusante deve essere adeguatamente trattato. L’EMDR può essere utilizzata sia per il trattamento del trauma che per quello dell’attaccamento traumatico. Questa presentazione illustrerà i principi di base della terapia EMDR e analizzerà il trattamento terapeutico dell’attaccamento traumatico nei clienti che hanno vissuto abusi sessuali. I principi di trattamento verranno illustrati, inoltre, attraverso specifici filmati clinici.

Vincenzo Caretti
La psicoterapia della regolazione emotiva e psicosomatica
La Psicoterapia della Regolazione Emotiva e Psicosomatica (Self-Regulation Psychotherapy) è una psicoterapia integrata, body trauma oriented in cui il modello dinamico si integra con quello cognitivo-comportamentale e con quello psicosomatico, il cui obiettivo è la cura delle emozioni (Mente) e delle sensazioni (Corpo) disregolate del paziente, a favore della mentalizzazione e della regolazione psico-somatica per una sua maggiore autonomia sia nello stare con se stesso, sia nelle sue relazioni interpersonali e di attaccamento.
La disregolazione delle emozioni del paziente ha un’origine evolutiva nei traumi che sono intervenuti nel suo sistema delle relazioni primarie e che in quanto non elaborati, vengono ripetuti inconsciamente negli schemi comportamentali e negli automatismi disfunzionali, anche corporei di attacco-fuga-immobilizzazione, nel qui ed ora del paziente, ovvero nella coazione a ripetere.
La psicoterapia integrata della regolazione emotiva è volta a trasformare gli stati emotivi disfunzionali e le sensazioni negative nel presente del paziente (self-regulation), con altri più funzionali al servizio del suo benessere e di nuove competenze interpersonali nell’ingaggio sociale, permettendo al paziente di passare progressivamente da un sistema relazionale chiuso a un sistema relazionale aperto e sicuro. Il processo clinico della regolazione emotiva e psicosomatica è un processo relazionale finalizzato alla maturazione del paziente (body-mind insight) e basato fondamentalmente sulla regolazione emotiva e somatica del terapeuta nel corso della costruzione, delle rotture e delle riparazioni dell’alleanza terapeutica.

Elizabeth Warner
La trasformazione del trauma nei bambini e negli adolescenti: un approccio incarnato alla regolazione somatica, all’elaborazione del trauma e alla costruzione dell’attaccamento
I bambini e gli adolescenti con storie di trauma dello sviluppo complesso, con la loro disregolazione comportamentale ed emotiva, possono mettere in seria difficoltà anche i terapeuti più esperti, nonché le loro famiglie, le scuole e le comunità a cui appartengono. La terapia occupazionale centrata sull’integrazione sensoriale ha offerto a un team di terapeuti specializzati nel trattamento del trauma strumenti interessanti ed efficaci per regolare – ma anche una “lente” diversa attraverso cui osservare – gli stati di iperattività e shutdown dei bambini traumatizzati. L’utilizzo di questo nuovo metodo, combinato a quello di una stanza progettata in modo speciale, ha permesso di accelerare i processi di co-regolazione e di auto-regolazione all’interno delle sedute terapeutiche, portando successivamente il bambino/l’adolescente a esprimere ed elaborare spontaneamente – con un adeguato supporto – l’esperienza traumatica, sia a livello corporeo che simbolico; l’organicità con cui tale processo si è manifestato durante le sedute terapeutiche è stato fonte di grande sorpresa per i terapeuti. Inoltre, l’accessibilità del bambino in termini di coinvolgimento sociale, il senso di connessione con il terapeuta e l’opportunità di co-creare nuovi ritmi di interazione attraverso il gioco senso-motorio, hanno notevolmente facilitato il lavoro finalizzato alla creazione di una relazione terapeutica “sufficientemente sicura”. Lo studio di un caso relativo all’utilizzo di questa forma di terapia del trauma illustrerà – attraverso filmati tratti dalle sedute con un bambino piccolo – questi processi terapeutici. La videoregistrazione delle sedute è uno strumento essenziale per i terapeuti che utilizzano questo modello di terapia del trauma, modello che affida la regolazione del cliente ai processi centrati sul corpo, anziché ai processi verbali o simbolici. A questo proposito, i dati clinici raccolti consentono di ipotizzare che la cosiddetta regolazione “bottom-up” (o somatica) sia il prerequisito neurobiologico della regolazione comportamentale, emotiva, cognitiva e di un profondo senso del Sé.

Jonathan Baylin
Apprendimento relazionale inverso: un approccio neuroscientifico per aiutare i bambini più diffidenti a fidarsi delle figure accudenti
In questa presentazione, il Dott. Baylin illustrerà in che modo i fondamenti neuroscientifici alla base della neurocezione relazionale – ossia l’individuazione preconscia dell’affidabilità degli altri – e la scienza dell’apprendimento inverso (reversal learning) possono aiutare terapeuti e caregiver a capire come costruire un legame di fiducia con quei bambini che hanno vissuto un trauma precoce. I partecipanti apprenderanno in che modo inviare messaggi di sicurezza all’interno della finestra neurocettiva relazionale per favorire l’apprendimento inverso necessario, favorendo così il passaggio dalla sfiducia alla fiducia.

Skip Rizzo
Realtà virtuale e nuovi progressi nell’ambito della prevenzione, dell’assessment e del trattamento del disturbo da stress post-traumatico
La guerra è forse una delle situazioni più complesse in cui può trovarsi un essere umano. Le richieste fisiche, emotive, cognitive e psicologiche di un ambiente in cui avvengono scontri armati creano uno stress enorme sull’individuo, persino su militari altamente preparati. Numerosi rapporti indicano che l’incidenza dello stress post-traumatico nel personale militare di ritorno dall’Afghanistan e dall’Iraq (missioni Operation Enduring Freedom – OEF e Operation Iraqi Freedom – OIF) sta creando una sfida considerevole per il sistema sanitario americano. Questa situazione è servita a finanziare studi di ricerca su come sviluppare e diffondere maggiormente trattamenti evidence-based per lo stress post-traumatico e altri disturbi psico-sociali. A questo proposito, la terapia di esposizione tramite realtà virtuale è uno degli approcci attualmente utilizzati per il trattamento dello stress post-traumatico; i rapporti iniziali hanno evidenziato outcome di trattamento positivi. Questa presentazione descriverà come vengono progettate le applicazioni di realtà virtuale implementate in diverse fasi del ciclo di dispiegamento di forze militari per prevenire, identificare e trattare lo stress post-traumatico associato agli scontri armati e/o al trauma sessuale nei militari in servizio e nei veterani delle missioni OIF/OEF. Skip Rizzo illustrerà, inoltre, il suo recente lavoro nell’ambito dell’intelligenza artificiale, finalizzato alla creazione di esseri umani virtuali che fungano da “pazienti virtuali” per la formazione clinica dei professionisti che operano sia in setting militari che civili, offrendo una guida online per eliminare gli ostacoli alle cure. Questi progetti sono stati sviluppati dal Dott. Rizzo in collaborazione con l’Istituto per le Tecnologie Creative della University of Southern California, uno dei centri di ricerca affiliati all’Esercito degli Stati Uniti. Rizzo offrirà una panoramica completa ed eterogenea sull’utilizzo della realtà virtuale nell’ambito della terapia di esposizione, della valutazione del PTSD e del funzionamento cognitivo, dello sviluppo della resilienza allo stress prima di ogni missione militare e del superamento delle barriere alle cure. L’intervento sottolineerà, infine, quanto le urgenze della guerra abbiano contribuito a offrire il contesto e i finanziamenti necessari a far progredire queste tecnologie, che potranno presto essere implementate anche per rispondere ai bisogni dei civili.


Alessandro Carmelita

La Mindful Interbeing Mirror Therapy: oltre la guarigione dal trauma
Lo studio della personalità umana ha fatto luce sull’innegabile impatto che le relazioni di attaccamento, nonché le esperienze traumatiche precoci – e la dissociazione che ne consegue – hanno sulla costruzione del Sé. La sofferenza psicologica può essere analizzata da due prospettive diverse, ma interconnesse: da un lato, il livello di integrazione del Sé e, dall’altro, la capacità dell’individuo di interagire con il mondo esterno. Partendo da questa promessa, identificare e definire le diverse parti della personalità del cliente – soprattutto se quest’ultimo ha una storia di trauma e presenta sintomi gravi all’inizio della terapia – diviene particolarmente importante. La Psicoterapia è sempre più concepita, infatti, come una serie di interventi finalizzati a integrare le parti dissociate della personalità del cliente, per aiutare quest’ultimo a costruire un Sé unificato. Allo stesso tempo, la relazione terapeutica svolge un ruolo centrale nel trattamento della dissociazione causata dai traumi relazionali precoci, a prescindere dalla loro gravità. La Mindful Interbeing Mirror Therapy (MIMT) è un approccio terapeutico del tutto innovativo, basato sull’utilizzo dello specchio all’interno del setting terapeutico. Lo specchio, posto di fronte sia al cliente che al terapeuta, permette loro di interagire attraverso la propria immagine riflessa. La validità di questa modalità di intervento è supportata da una serie di fondamenti teorici, che includono non soltanto i più recenti studi di ricerca in ambito neuroscientifico, ma anche una serie di studi clinici efficaci. La costruzione del Sé e della realtà relazionale dell’individuo – a partire dal principio stesso del processo di costruzione dell’identità, ossia la capacità di identificare la propria immagine allo specchio, sino alla capacità di riconoscere gli stati emotivi degli altri – sono due processi paralleli che caratterizzano lo sviluppo di ogni essere umano. La MIMT può essere vista, dunque, come una combinazione unica di interventi terapeutici mirati ad aiutare il cliente a ricostruire un Sé integrato, lavorando al contempo sulla relazione con l’altro. Nel corso degli ultimi cinque anni, la Mindful Interbeing Mirror Therapy è stata studiata in profondità ed è stata creata una procedura di intervento specifica. Inoltre, grazie alla MIMT, molti terapeuti hanno scoperto un nuovo modo, estremamente rapido, di entrare in connessione con il cliente, nonché un approccio efficace per aiutare quest’ultimo a integrare le parti del proprio Sé attraverso una self-compassion profonda e trasformativa. Gli aspetti teorici e le applicazioni pratiche relative a questo innovativo approccio terapeutico offrono nuove opportunità di intervento che la Ricerca continuerà a supportare e validare.

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